ho sempre grandi aspettative sulla natalizieria. io lo amo, il natale, con tutto il suo corollario di memoria raddolcita dalle lucette intermittenti – che a volte somigliano parecchio all’intermittenza di taluni miei affetti – con la serrata forzata della frenetica vita normale. lo amo perché stratifica gli anni sulla base del sentimento, della vicinanza, dell’importanza di certi umani nella vita di certi altri, a diversi livelli, un po’ come le categorie colorate delle carte american express. lo amo perché quello che spesso sento definire come il suo perduto vero senso intrinseco, è invece nella mia, di vita, proprio perduto per nient’affatto. lo amo perché, proprio per tutto quello che ho detto sopra – e per altro ancora che solo chi mi conosce davvero, sa veramente cosa sia – posso lasciare briglia sciolta al mio modo infantilmente pararidicolo per comunicare a chi voglio, perché sono grata di averlo nella mia vita, e la portata, spesso inaspettata, di questa mia gratitudine. questo include anche chi, nella mia vita, per motivi biologici e non, magari non c’è più – ma anche chi non c’era prima, magari stavolta proprio solo per motivi biologici – bando al timore che, questo manifestando, il ridicolo appunto, la faccia pericolosamente da padrone. va da sé che spesso e volentieri, proprio in quei giorni in cui spando intorno a me gioiosa, a volte melanconica ed immaginifica, sentimentale considerazione, sono per questo o quell’altro motivo, sempre un po’ delusa. ma mai doma o demotivata, tengo a dirlo. succede già da qualche anno, direi troppi, nel computo interno della mia soddisfazione sentimentale. non è successo invece, miracolosamente e con un rigurgito di speranzosa felicità, quest’anno in cui, anche un po’ per cercare di fare scudo a possibile piccola infelicità, me ne ero in qualche modo preparata. sia chiaro, il mio intento ed i mezzi che ho impiegato, erano sempre direi gli stessi per eccitazione ed anticipazione, per onesta manifestazione di me, però crescendo come sono cresciuta, ho imparato a non aspettarmi il miracolo dell’impossibile. e invece. sì: invece! è come quando volevi innamorati, ma poi avevi imparato a non sperarci tanto, e proprio in quel momento in cui avevi il cuore spettinato e non depilato, vestito male e senza essersi lavato i denti, proprio mentre eri così tutta in dehabillée sentimentale, ti giri un attimo per soffiarti il naso col rumore, senza remore, e incontri gli occhi di un altro cuore elegante e raffinato, e l’amore arriva per restare. ecco, è proprio stato così, anzi, sta proprio essendo così, essendo la natalizieria per nulla terminata. in un concatenarsi paraimpossibile di eventi per nulla legati tra loro se non per il culminare sulla mia più profonda intimità, si sono succeduti giorni e notti di segni così importanti per me di affetti rinnovati e ritrovati, da lasciarmi quasi attonita sotto la loro ondata d’urto. una specie di enorme vorticosa ondata d’amore per tempo pervicacemente ed ottusamente aspersa, mi è tornata indietro, senza travolgermi bensì avvolgendomi nella sua potenza sentimentale. Dio c’è e ne ho le prove: sta nell’amore che dai per darlo, che continui a consegnare in mani che sembrano per lungo tempo chiuse e che ti ritrovi all’improvviso a carezzarti il viso. sarà saturno che si è scocciato astrologicamente di esserti avverso; sarà che chi semina dicono i saggi che prima o poi per certo raccoglierà; sarà perché what goes around va a finire che poi comes around; sarà questo o sarà quello, ma mai come in questo periodo, di questo periodo della mia vita, mi sento di avere e di avere avuto senza saperlo per lungo tempo, un Senso. la vita è bella, ed io con lei, bella come ora, non mi sono sentita mai. buon natale passato, a chi mie legge o leggerà; a chi mi sente o mi ha sentita; a chi sa e a chi ancora non ha capito, a chi non c’era e adesso c’è per poi restare: la vita è bella, ed io con lei, anche grazie a questi che tanto mi stanno restituendo, forse senza accorgersene, o forse senza sapere che avrebbero, con così poco, potuto farlo. vi dirò oltremodo, a natalizieria terminata – è solo il ventisette di dicembre, santiddìo! – di piccoli grandi aneddoti la cui magnificenza forse ai più continuerà a sfuggire: ma non a me, che già da ora, ce l’ho ben chiara tatuata su più parti della non più giovane anima.
piesse: non ci son stata per un po’, non perché non c’ero, ma piuttosto perché avevo smarrito la chiave di questa porta. forse anche questo è un segno, l’averla ritrovata dove mi sa che era sempre stata, senza quindi essere mai stata davvero perduta, ma solo miopiamente non vista.